Nel corso di questi lunghi mesi mi è dispiaciuto leggere, da addetti ai lavori e non, che Sagan fosse un corridore finito. A parte che “finito” è una definizione che non mi piace, per qualsiasi sportivo: un atleta non finisce, ma semplicemente con il passare del tempo vede trasformarsi il proprio corpo e quindi anche le proprie prestazioni fisiche. “Finito” è forse chi ha bruciato il proprio talento, buttandolo via per cause esterne al trascorrere del tempo: ma non è di certo il caso di Peter Sagan, che ha forse raccolto meno di quanto avrebbe meritato in carriera ma che è sempre stato capace di far divertire.
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Insomma, se non fosse stato per Sagan, avremmo trascorso un altro pomeriggio fatto di noia e sbadigli. Bora-hansgrohe tutta in testa, avanti tutta e menare, senza riprendere fiato. Il vento ci ha messo del suo. Complimenti quindi a Sagan, ma anche a tutta la squadra, che vede nel proprio capitano il leader indiscusso anche se nell’ultimo periodo i risultati non sono stati quelli sperati. Perché lo slovacco è un leader nato, ed è da qui che nasce la motivazione dei suoi compagni.
Credo che tante persone debbano quindi chiedere scusa a un corridore come Peter Sagan. Se dovessimo assegnargli un numero, gli darei un 10. Non solo come il massimo dei voti a scuola: è anche il numero che nel calcio viene assegnato al fantasista. E Sagan ha dimostrato ancora una volta di essere un fantasista. In fondo, un ex corridore come Alberto Contador lo ha definito “il Leo Messi del ciclismo”: se lo dice lui, dobbiamo credergli.