L’Unione Ciclistica Internazionale ha pubblicato un documento di 13 pagine dal titolo “riapertura della stagione del ciclismo su strada nel contesto della pandemia di Coronavirus”, creato dal professor Xavier Bigard, direttore medico dell’UCI.
Il documento comprende informazioni sulla valutazione del rischio pre-gara, la creazione di bolle per proteggere i team, il test pre-gara per il COVID-19 e il distanziamento sociale.
Tuttavia, ci sono solo quattro righe su ciò che potrebbe accadere se un sospetto caso di Coronavirus insorgesse in una squadra o in gruppo. In particolare, il documento recita: “La gestione dei casi clinici sarà effettuata in accordo con il servizio sanitario locale e in conformità con le linee guida dell’OMS“.
Ma cosa può succedere se dovesse esserci una persona positiva al COVID-19 all’interno di una squadra? Se dovesse succedere durante il Tour de France, che si svolgerà tra meno di due mesi, la corsa dovrà essere annullata (come accaduto per lo UAE Tour) oppure si potrà continuare a gareggiare? Secondo quanto riporta Stephen Farrand di Cyclingnews, i medici delle squadre starebbero letteralmente navigando nel buio. Uno dei medici di una delle più importanti formazioni professionistiche, che ha preferito rimanere anonimo, ha affermato: “Il ciclismo è diverso dagli altri sport, non siamo come il calcio, la bolla di squadra e le bolle di gruppo sono molto più grandi.
L’UCI afferma che deciderà in base ai protocolli medici di ciascun Paese e gli organizzatori della gara devono avvertirci due settimane prima sulle linee da seguire, ma questo rende le cose molto complicate. Le squadre correranno in Spagna, poi in Italia, Francia, Belgio e altrove. Il professor Bigard e tutte le altre persone coinvolte hanno lavorato duramente sui protocolli, ma penso che dobbiamo conoscere le procedure per ogni possibile scenario quando si tratta di casi sospetti. I corridori e le squadre devono sapere che cosa potrebbero affrontare il prima possibile. “