Il conto alla rovescia procede velocemente e il CT della Nazionale italiana di ciclismo, Davide Cassani, è sempre più vicino a vivere i suoi ultimi Mondiali in Belgio da guida del gruppo azzurro.
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Un epilogo che può essere valutato in vari modi, visto che sotto la sua gestione sono arrivati quattro titoli continentali consecutivi dal 2018 a oggi e nello stesso tempo ci sono da considerare l’argento mondiale, molto amaro, di Matteo Trentin del 2019 e il trionfo iridato nella prova a cronometro dell’anno scorso a Imola di Filippo Ganna.
Si è ancora in attesa di capire chi possa essere il prossimo CT e da questo punto di vista Cassani, intervistato dal Corriere di Bologna, fa un bilancio della sua esperienza, soprattutto analizzando lo stato di salute del movimento nostrano: “Il nostro ciclismo sta abbastanza bene, è ancora un movimento di riferimento. Se poi andiamo indietro di 30-40 anni, è naturale che la situazione non sia più la stessa. Il mondo è cambiato, oggi i campioni arrivano da tutte le parti. Per questo sono contento di quanto abbiamo fatto a Trento“.
Competizione continentale nella quale un grande Sonny Colbrelli ha dato continuità ai successi nostrani, dimostrando di essere un ciclista assolutamente valido e per grandi palcoscenici: “Come ha fatto domenica, può vincere corse importanti di un giorno. È maturato tardi, ha ora trovato l’equilibrio psicofisico, ci ha messo impegno e costanza. Domenica ha mostrato freddezza e senso tattico non indifferenti, nulla gli è precluso“, le parole di Cassani, sottolineando soprattutto il modo in cui abbia letto la corsa e gestito gli attacchi di uno scatenato Remco Evenepoel.
Un successo di squadra ha però voluto sottolineare il tecnico della Nazionale, citando Trentin: “Matteo è stato un regista perfetto, quando in corsa ho lui, io mi sento tranquillo. Abbiamo vinto da squadra e ai Mondiali in Belgio andremo con quello stesso spirito“. Spazio anche ai ricordi da parte del CT, citando Marco Pantani: “La sua foto sul traguardo di Montecampione è il ritratto del sollievo dopo la fatica e la sofferenza. Non a caso, diceva di andare forte in salita per abbreviare l’agonia. È stato un fenomeno, ma forse non siamo riusciti a capire fino in fondo chi fosse Marco Pantani“.
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