Dalle finte fughe agli spaghetti-lampo durante le corse: aneddoti e siparietti inediti di un personaggio “prestato” al ciclismo.
Ho iniziato la mia carriera di fotografo di ciclismo nel lontano 1975, una giornata di sole al parco di Monza dove si correva una gara per Juniores. Volata a tre e vittoria netta di un certo Giuseppe Saronni in maglia rossoblù della Buscatese. Da allora credo di aver saltato poche domeniche senza vedere una gara di ciclismo, prima con le categorie inferiori e poi, dal 1985 dopo i mondiali del Montello, il grande salto tra i professionisti.
Dal 1998 sono il fotografo della Gazzetta dello Sport e sono perennemente in giro per il mondo ad immortalare le imprese di questi campioni. Ne ho visti proprio tanti, ma quelli che hanno lasciato un ricordo indelebile della loro carriera, li posso contare sulle due mani. Uno di questi è Mario Cipollini, fantastico! Mi ha permesso di entrare nella sua vita, sempre con la massima discrezione e di aneddoti me ne ha fatti vivere incredibilmente tanti. Passato professionista nel 1989 è riuscito a vincere tantissimo riuscendo ad alzare le braccia al cielo in tutti i 17 anni della sua carriera da professionista, coronata col mondiale di Zolder. Questo però lo sanno già tutti, ma non tutti sanno che durante le tante tappe del Giro d’Italia, Super Mario ci serviva sul piatto d’argento quasi ogni giorni novità e spettacolo.
Ha sempre curato la sua immagine, talvolta infischiandosene dei regolamenti se questi li sentiva retrogradi ed obsoleti. Lo dimostrano le tante immagini che lo ritraggono, soprattutto nelle cronometro, con body di materiale avveniristico e fuori dal comune oppure sul podio del giro con la maglia della sua amata Inter o vestito da imperatore romano o in completo da sera. Una vera meraviglia…e in gara, incredibile! Durante le tappe più tranquille, mi chiamava vicino e mi metteva al corrente delle sue idee.
Roberto, guarda se vedi davanti un gruppetto di persone, che ci fermiamo da loro. Chiamava vicino il suo fido Alessio Di Basco e si preparava alla scenetta. Arrivati vicino agli spettatori iniziava a litigare con Di Basco, talvolta si fermava e facevano finta di darsele di santa ragione. Gli spettatori increduli cercavano di dividerli e loro sembravano inferociti. Poi arrivava Allocchio che faceva da pacere o prendeva le difese del più piccolo “pesta me se hai il coraggio”, poi tornavano in sella e via ad inseguire il gruppo. La gente rimaneva sbigottita e senza parole mentre loro, pedalavano ridendo a crepapelle e rientravano in gruppo raccontandosi i visi degli esterrefatti spettatori. Erano talmente veri che qualche volta pensavo facessero sul serio.
Una volta, sempre con Di Basco, scattano dal gruppo in un momento di stanca, pedalando come dei forsennati cercando di guadagnare più spazio possibile, poi una volta raggiunto un buon margine, mi facevano cercare un nascondiglio e appena trovato si mettevano nascosti e facevano passare il gruppo che in fila indiana si era messo al loro inseguimento. Non c’erano ancora le radioline e quindi, prima di accorgersene, passavano un bel po’ di chilometri, loro uscivano dal nascondiglio e tra le ammiraglie rientravano in gruppo e, quando si accodavano, chiedevano “ma chi c’è in fuga?”. Risposta: “Non lo so, stano tirando tutti come dei matti perché sono partiti in due o tre, ma non so chi siano”. Scoppiavano a ridere come dei matti e il gruppo a quel punto capiva e rallentava sghignazzando.
Quando le tappe partivano presto, verso l’ora di pranzo partiva la sua richiesta: “Roberto, mi vai a prendere una focaccia con la mortadella? Ho un buco nello stomaco e il rifornimento è lontano”. Io partivo andando a cercare una salumeria o un alimentari e, quando entravo e spiegavo per chi era, la maggior parte delle volte me lo davano gratis: “Digli che questa schiacciata è la migliore del mondo” oppure “Offro io, per Mario questo ed altro”. Una volta la richiesta è stata più impegnativa: “Mi vai ad ordinare degli spaghetti!” … “Mario, come faccio a portarteli in gruppo?”, gli dissi. “No vengo io rispose, tu vai avanti una decina di chilometri che poi io arrivo”. A tutta con la moto si andava a cercare una trattoria sulla strada, si preparava un tavolo e, quando ci vedeva, si frenava di corsa con qualche compagno. Il gruppo pedalava tranquillo e loro in pochi secondi si pappavano il pranzetto.
Anche fuori corsa Mario è stato un grande. Un anno, durante la tappa di riposo, vicino a casa sua, mi invitò a fargli un servizio fotografico speciale, lui con tutti i suoi animali.
Ho foto con il pappagallo, un serpente, un cucciolo di ghepardo, i cani e i gatti. Lui si cambiò almeno una dozzina di volte e poi mi diceva: “Così sembrano fatte in momenti diversi e le puoi vendere a diversi riviste”. Un giorno, finito il giro, mi chiama: “Sei libero in questi giorni? Andiamo tre giorni sul Mar Rosso che devi farmi delle foto”. Non capivo mai se mi prendeva in giro e, invece, pochi giorni dopo, via in aereo a Sharm El Sheikh. Si facevano un po’ di foto in tutte le salse, in costume, sott’acqua, in spiaggia, in bici, a giocare a tennis, attorniato da fanciulle(era per una pubblicità della sua bicicletta). Pochi giorni ma che mi permettevano di vendere poi le sue immagini per parecchi mesi, così era sempre sui giornali e gli sponsor volevano solo lui.
Roberto Bettini – Copyright © Inbici Magazine