Nei tanti successi in quasi 40 anni di professionismo delle squadre gestite da Ivano Fanini, poche volte si è parlato della pista, dove i colori azzurri hanno una grande tradizione che si trasmette fino ad oggi grazie a Filippo Ganna campione del mondo in carica e recordman dell’ora, allenato da Marco Villa, ex corridore nel biennio 94-95 di Amore & Vita. Fra i suoi predecessori, anche se in specialità diverse, c’è Claudio Golinelli. A parlare chiaro sono i numeri: 10 titoli italiani, 5 nel keirin e 5 nella velocità, a cui bisogna soprattutto aggiungere 3 titoli mondiali, vinti tutti quando era tesserato per il patron di Amore e Vita: nel 1988 con la Pepsi Cola-Fanini a Gand oro nel Keirin e nel 1989 con Polli-Fanini a Lione si confermò nel Keirin bissando il successo nella velocità.
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A completare il suo percorso medagliato nel 90 con l’avvento di Amore e Vita conquistò la medaglia di argento nella velocità e quella di bronzo nel keirin. La sua ultima medaglia ai mondiali la ottenne nel 91, quando era passato all’Olympia, argento nel keirin. I migliori anni della carriera di Golinelli, nato a Piacenza l’1-5-1962, che conobbe la pista quando nel suo primo anno di professionismo alla Murella Rossini. Luciano Pezzi gli indicò di andarsi ad allenare nell’anello del velodromo Sevadei di Forlì dove conobbe Antonio Maspes e coincidenza della casualità questo incontro rappresentò il passaggio di consegne tra la leggenda della pista italiana e un talentuoso giovane destinato a raccoglierne l’eredità. Per la sua conformazione fisica, alto 1,75 e gambe corte, osservandone la postura in bicicletta, Luciano Pezzi aveva intuito che sarebbe stato tagliato per i giri di pista e nell’88 Primo Franchini, suo D.S. all’Alfa Lum, gli indicò che Ivano Fanini aveva una certa predilezione per atleti veloci e di provare a contattarlo. Da quel momento nacque una stella. Ma come mai i suoi successi tardavano ad arrivare?
“Già alla Murella – risponde il tre volte campione del mondo – ho risentito delle nuove metodologie di allenamento che dovevamo adottare. Gli alimenti, il calcolo della dieta e la ricerca del peso ideale necessitavano di un fabbisogno alimentare che al mio fisico non era congeniale. Passato all’Alfa Lum le cose non cambiarono fino a che non trovai la sistemazione giusta con la Pepsi Fanini, una squadra di dimensione internazionale che mi mise a mio agio e quando incontrai il mio nuovo Patron la prima cosa che mi disse: a me interessano i campionati del mondo su pista, perché hai la stoffa per vincerli“.
I PRIMI SUCCESSI CON LA PEPSI-FANINI E L’INCONTRO A LUCCA CON IL SANTO PADRE
Le sue conformazioni fisiche erano molto indicate per la pista e Golinelli investiva tempo in palestra per migliorare le capacità anaerobiche e lo sviluppo delle fibre veloci delle sue gambe migliorando le sue qualità. Con successivi esercizi di potenziamento dei quadricipiti diventò esplosivo nei giri di pista. Divenne una macchina perfetta, cimentandosi con tanta dedizione, umiltà ed anche quell’orgoglio che accresceva dentro di sé mano a mano che correva.
“I risultati – dice a mente quieta – necessitano di tanti fattori: primo fra tutti la fiducia della società di appartenenza, poi sono frutto di tanti sacrifici, di rinunce e miglioramenti costanti a livello tecnico. Non bisogna sbagliare e , come un’equazione matematica, il successo è poi sempre proporzionato al lavoro che l’atleta fa per inseguirlo“.
Cosa ricorda del primo anno alla Pepsi?
“Assieme ad Ivano Fanini sono fra le poche persone che possono vantare di avere avuto un rapporto personale di amicizia con il Papa Giovanni Paolo II e questo avvenne nel 1989 in occasione della sua visita a Lucca. Le squadre di Ivano sono state successivamente per anni presentate a Roma nel corso dell’udienza di Karol Wojtyla. Questi incontri davano sempre molto coraggio nell’affrontare la stagione agonistica.“
OGGI LE SCOPERTE SCIENTIFICHE AGEVOLANO L’ATTIVITA’ SU PISTA
Una carriera professionistica durata 9 anni dall’84 al 93, non tantissimi ma lui rimpiange le condizioni precarie con le quali si allenava rispetto ad oggi.
“I tempi sono cambiati – afferma – oggi è molto più semplice fare pista. Le scoperte scientifiche e la tendenza nello sport sono molto avanzate con la possibilità di scegliere un programma di allenamento e sviluppare le capacità di un atleta. Oggi i velodromi sono tutti coperti e ci si può allenare in ogni mese dell’anno. Basta dire che ci sono tre impianti soltanto in Lombardia: Montichiari, Dalmine e Busto Garolfo. In tutta Italia ce ne sono 26. Ai miei tempi ci si poteva allenare soltanto nella bella stagione ed anche la pista a volte era in condizioni fatiscenti.”
Nato a Piacenza si è trasferito da bambino a Bologna dove risiede tutt’oggi. Suo padre Augusto, figura molto importante per il suo morale, faceva il ferroviere ed essendo di Imola chiese il trasferimento per avvicinarsi a casa. Gli fu data come nuova destinazione Bologna.
“Ad ogni gara, non so come faceva, me lo trovavo all’arrivo al di là del cordone. Si faceva spazio pur di scorgermi ad ogni premiazione. Mi ha sempre seguito fin da quando ero dilettante e non pensavo minimamente alla pista. Vinsi il campionato italiano in linea di categoria nell’81 e il G.P.Liberazione nell’83. Mio padre è sempre stato una figura importante per me ed ancora, nonostante sia morto da 14 anni, ne sento la mancanza.“
ASSIEME ALL’AUSTRALIANO PATE GOLINELLI SPEZZO’ L’EGEMONIA GIAPPONESE
Nella velocità su pista il titolo mondiale mancava all’Italia dal 1968, l’ultimo azzurro a trionfare fu Giuseppe Beghetto. A distanza di 21 anni a riconquistarlo è stato quindi un atleta di Ivano Fanini, il vulcanico dirigente ciclistico lucchese che ha dimostrato nei decenni di essere un asso nel motivare i suoi atleti contribuendo a far vincere loro corse impensabili ma anche Golinelli stesso non avrebbe mai immaginato di arrivare a tanto.
Quali sono stati i suoi acerrimi rivali su pista?
“Sia nella velocità che nel Keirin ne ho avuti diversi. I più difficili da superare sono stati gli australiani Stephen Pate e Simone Clarke, il tedesco Michael Hubner, lo svizzero Urs Freuler e l’argentino naturalizzato italiano Ottavio Dazzan, salito diverse volte sul podio. Li studiavo in corsa con molta attenzione, perché la concentrazione in pista è determinante. Misuravo le loro capacità per poi colpirli nei loro punti deboli“.
Nella velocità lui e l’australiano Stephen Pate hanno spezzato l’egemonia giapponese di Koichi Nakano,vincitore di dieci mondiali consecutivi, e di Nobuyuki Tawaral. Nell’89 Golinelli per vincere dovette superare un altro giapponese: Yuichiro Kamiyana. E’ rimasto alla storia per essere stato l’ultimo italiano a vincere i mondiali su pista sia nella velocità (89) che nel Keirin (doppietta nell’88 e 89) ed in prospettiva probabilmente ne passeranno ancora diversi per trovare il suo successore nelle due specialità. Il 25 agosto 1987 stabilì anche il primato mondiale professionisti nei 200 metri lanciati al coperto con il tempo di 10″587, superato due anni dopo dal suo rivale Pate.
UN VELOCISTA CHE AVREBBE POTUTO IMPORSI PIU’ FREQUENTEMENTE ANCHE NELLE GARE IN LINEA
La pista occupava intensamente gli interessi di Golinelli, dopo che, diventato campione del mondo, veniva costantemente invitato a correre in Giappone nelle gare di Americana e Scratch lievitando i suoi guadagni in un paese dove queste specialità ciclistiche erano di interesse nazionale. Così il nome Fanini Pepsi Cola aveva maggiore risonanza anche all’estero per la gioia di Ivano Fanini e dei suoi sponsor.
“Mi sono ritrovato – conclude l’ex iridato – ad essere popolare in una specialità che mi ha dato soddisfazioni impensate salendo sul podio all’inno di Mameli. Ogni volta che in TV sento quelle note non riesco a trattenere una spontanea emozione e con occhi lucidi lascio scendere qualche lacrima, pensando a quanti sacrifici ha fatto quell’atleta. Soltanto facendo sport a questi livelli si può capire quanto sia gratificante e difficile assaporare queste gioie che ti fanno pensare di aver dato tutto e di aver lavorato bene nel corso degli anni“.
Una carriera che però gli ha pregiudicato altre eventuali soddisfazioni da stradista, come quando nel 90 con la maglia Amore e Vita si impose nel prologo della Settimana Siciliana battendo allo sprint grandi velocisti del momento come Allocchio e Baffi. Di vittorie nelle gare in linea ne ha ottenute soltanto cinque ma quella della Settimana Siciliana rimarrà nella storia di Amore e Vita per essere stata la prima in assoluto di una lunga serie e che farà ricordare il suo nome per sempre. Dopo aver smesso di correre ha lavorato al Giro d’Italia per l’RCS. Poi ha scelto un’altra strada chiudendo la sua storia con le due ruote ma conservando un cofanetto pieno di medaglie e di bei ricordi.
A cura di Valter Nieri -Copyright© InBici Magazine ©Riproduzione Riservata