“Sento dire da tante persone che sarò manovrata da Renato Di Rocco. Ma voglio specificare che non è così. Non sono uno strumento nelle mani di qualcuno. L’esperienza maturata nei quattro mandati dell’attuale presidente in carica è stata di grande formazione per me, e adesso ho deciso di fare un passo in più”. Daniela Isetti vuole mettere subito le cose in chiaro nel corso della nostra chiacchierata telefonica. Attualmente, la Isetti ricopre il ruolo di vicepresidente vicario della Federazione Ciclistica Italiana, e ha deciso di candidarsi alla presidenza federale in vista delle prossime elezioni.
Da dove nasce la sua volontà di candidarsi come numero uno della FCI?
“Non dirò cose nuove perché è una domanda alla quale ho già risposto in passato. La decisione dipende da una serie di fattori equivalenti, nel senso che essendo in consiglio federale da diverso tempo e frequentando l’Italia in lungo e in largo ho ricevuto delle sollecitazioni a fare qualcosa in più dopo due mandati da vicepresidente vicario. Forte della mia passione, e anche consapevole delle competenze che ho maturato, mi sono sentita pronta ad affrontare questa sfida. Ne parlai con Di Rocco durante i campionati europei su pista di Fiorenzuola per condividere con lui questa scelta. Ribadisco, la mia è una decisione presa dopo un percorso articolato svolto tutto all’interno della Federazione.
Molte persone sono convinti che il suo programma sarà di continuità con quanto fatto da Renato Di Rocco. E’ davvero così?
“Io ho collaborato per tutti e quattro i mandati con il presidente Di Rocco e spero di aver imparato tante cose, non nego di aver fatto questo tipo di esperienza, ma cercherò di portare una discontinuità su alcune situazioni. Non a caso, con il mio gruppo di lavoro stiamo preparando un programma specifico”.
In cosa cercherà di portare discontinuità rispetto al passato?
“Credo che abbiamo bisogno di dare alla nostra federazione un’immagine più attuale, in modo da poter essere maggiormente protagonisti non solo sull’ambito agonistico, ma abbiamo bisogno di essere maggiormente presenti e rappresentati in tutte le declinazioni della bicicletta. Dopo l’emergenza Covid-19, si parla sempre più della bicicletta come mezzo di trasporto, un mezzo alternativo, e su questo la FCI deve essere fortemente presente. Sul cicloturismo bisogna puntare decisamente con nuove formule e da anni stiamo portando avanti corsi di formazione per le guide cicloturistiche, oltre ad aver maturato rapporti interessanti con i territori. Inoltre, i settori giovanili devono essere maggiormente interpretati come un elemento di crescita personale e di educazione dei ragazzi e delle ragazze, tralasciando leggermente l’agonismo”.
Come vede la situazione del ciclismo amatoriale?
“Il movimento amatoriale è davvero molto importante e per portarlo avanti nel modo migliore è necessario continuare a dialogare con gli enti di promozione sportiva. Con essi abbiamo maturato un buon rapporto grazie al lavoro svolto da Gianantonio Crisafulli, nel mio ruolo attuale non me ne sono occupata direttamente ma mi sono interfacciata con i vari enti quando siamo stati chiamati ad erogare formazione per i direttori di corsa. Quello che posso dire è che uno degli obiettivi primari sarà quello di mantenere uno standard organizzativo elevato per la sicurezza di tutti i partecipanti”.
Tornando invece al ciclismo agonistico, cosa si aspetta una possibile prima presidentessa donna dal movimento femminile?
“Per l’agonismo, fermo restando la fiducia verso i commissari tecnici, i cui contratti saranno valevoli fino alle prossime olimpiadi, ci deve essere continuità. Ci sono stati ottimi risultati, non dobbiamo fermarci qui. Le donne ci hanno regalato soddisfazioni immense, e bisognerà continuare così. E’ chiaro che però, dopo la pandemia, bisognerà fare un grande lavoro sulle categorie giovanili, perché ci sono state molte difficoltà generali e bisognerà analizzare l’attività del nostro vivaio e delle squadre. Ci vorrà inoltre un’attenzione particolare verso il fuoristrada, andando ad aiutare sempre di più le società proponendo un modello che possa contribuire a far crescere sempre di più l’attività”.
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