“Nel mio libro sulla Bikeconomy prevedevo un aumento esponenziale dell’uso delle bici e il Coronavirus è stato un acceleratore straordinario, non solo in Italia ma anche nel mondo. Stare chiusi in lockdown è stato pesante per tutti, e stare in bici è qualcosa di antitetico alla quarantena. Godersi alla velocità giusta il piacere di passeggiare e di visitare nuovi posti ha creato un meccanismo che è diventato quasi una moda”. Sono le parole di Gianluca Santilli, presidente dell’Osservatorio Bikeconomy, nell’intervista realizzata durante la puntata di InBici – Passione sui Pedali.
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Nei prossimi giorni sarà presentato lo studio CoVivere, “che è stato commissionato dall’ambasciata olandese. Nello studio si analizza quanto potremmo guadagnare se facessimo qualcosa per la mobilità sostenibile. Nelle foto iniziali si vede Amsterdam piena di auto negli anni ’70, ma lo shock dell’austerity portò l’Olanda a capire come dovevano essere gestite le città. Il Covid-19 è uno shock, che ci auguriamo possa portare sempre di più verso una mobilità sostenibile”.
Nelle grandi città rivestirà un ruolo fondamentale la bici a pedalata assistita: “Se da domani mattina ci fossero 100.000 persone in più in bici faremmo un favore agli automobilisti, perché ci sarebbero 100.000 auto in meno. Secondo il mio punto di vista la bicicletta deve diventare parte integrante del tessuto urbano: se cominci a capire che le bici sono tante potrebbe essere non indispensabile creare tutte le ciclabili che si vogliono creare, perché se gli automobilisti ne dovessero vederne tante, sarebbe finalmente un’occasione per capire che sulla strada ci sono anche le biciclette.. Inoltre, non capisco perché non si sistemano le ciclabili già esistenti ma se ne costruiscono altre. Inoltre, è importante anche l’intermodalità del trasporto, e quindi lo sharing, che mi permette di spostarmi da una parte all’altra di una grande città senza lo stress del traffico”.
Investire sulla bike economy permetterebbe a tutti di guadagnare: “Mi sono fatto due conti in tasca – spiega Santilli – e risparmio almeno 2000 euro all’anno tra benzina, pagamento dei parcheggi e tanto altro. Il problema è che non dobbiamo pensare alla mobilità ciclabile solo perché c’è stato il Coronavirus, gli interventi non devono essere temporanei ma la cultura deve essere cambiata e bisogna far capire ai cittadini che muoversi in bici conviene, ed è favorevole anche ai negozianti, in quanto, senza lo stress del parcheggio, posso rimanere di più in un negozio e quindi comprare di più. L’esempio è New York, con Time Square che era la piazza dei taxi e adesso è zona pedonale, con le attività commerciali che fatturano il 41% in più”.
Gianluca Santilli ha fatto anche una riflessione sul futuro del ciclismo amatoriale: “Con Granfondo Roma abbiamo proposto per primi il meccanismo delle cronoscalate, che secondo me è importante perché la Granfondo deve essere un momento di aggregazione. Una volta che ho le strade chiuse al traffico mi piace divertirmi con gli amici e il sistema migliore è quello della cronoscalata, anche se misi anche una cronometro in linea ai Pratoni del Vivaro per fare contenti anche i passisti. Alla fine della salita c’è il ristoro, quindi chi arriva prima degli altri può aspettare gli amici, mangiare qualcosa e ripartire. In questo modo facevi contento sia l’agonista che l’appassionato. L’eccessivo agonismo è letale, quindi per me il modello Granfondo è in forte calo perché è una formula che non funziona più, a prescindere dal Covid-19. Non a caso c’era un calo di iscritti già negli ultimi anni”.
E una riflessione sul ciclismo agonistico: “Con il lockdown abbiamo assistito agli spettacoli dell’e-sport, e credo che questi debbano insegnare qualcosa al ciclismo su strada vero. Il ciclismo propone tappe troppo lunghe, ci sono alcune frazioni non esaltanti che non sono molto fruibili da un punto di vista televisivo. Negli ultimi anni al Tour de France sono state proposte le mini tappe, che possono essere una soluzione. Queste tappe sono molto appassionanti, quindi è necessario essere un po’ più fantasiosi per cercare di rendere il ciclismo un prodotto appetibile ai diritti televisivi”.