Sarà Gianni Bugno l’ospite d’onore dell’InBici Training Camp in Costa Blanca (10-17 febbraio).
Dal 18 al 25 Gennaio 2025 in Costa Blanca
Pedala con Riccardo Magrini, Luca Gregorio e Wladimir Belli
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L’ex fuoriclasse, che annovera nel suo palmares anche due titoli mondiali, tornerà proprio in quel Benidorm che, nel 1992, lo vide confermarsi in maglia iridata davanti a Jalabert e Konysev. E, assieme ai partecipanti dell’Inbici Training Camp, lunedì 12 febbraio tornerà a celebrare quel magico pomeriggio di novembre quando, lanciato da un monumentale Giancarlo Perini, in quel lunghissimo rettilineo in leggera salita, vinse nettamente lo sprint mondiale entrando per sempre nella leggenda del ciclismo.
Sarà l’occasione per rivivere una delle pagine più emozionanti della carriera di Bugno, ma anche di tutto lo sport italiano. Non a caso, in quell’occasione, pedalerà assieme a Bugno anche un certo Francesco Moser che il Mondiale lo vinse 15 anni prima in Venezuela.
E in gruppo, a proposito di corridori iridati, ci sarà anche l’ex professionista Francesco Chicchi, oggi direttore sportivo del team Continental Technipes In Emilia Romagna (in ritiro in Costa Blanca proprio in quel giorni) ma, nel 2002, campione mondiale negli Under23.
“Del Mondiale di Benidorm ricordo soprattutto il gran caldo – spiega Bugno – fu una gara molto tirata ma stavo bene, ero arrivato in Spagna in ottime condizioni e quindi, anche se non tutti quella giornata credevano in me, io sapevo che avevo nelle gambe le energie per essere protagonista. Mi è capitato raramente di tornare su quelle strade e quindi, pedalare su quel lungo vialone trent’anni dopo quell’impresa, sarà senza dubbio una grande emozione”.
Più difficile a Benidorm o a Stoccarda l’anno prima?
“Mah, un Mondiale è sempre una corsa complicata con mille incognite e tante variabili. Io dico sempre che, quando la condizione fisica e mentale ti sorregge, il tracciato passa in secondo piano. Stavo benissimo in Spagna, ma anche l’anno prima in Germania e, in quegli anni, quando ero in forma, non mi ponevo limiti”.
Al di là degli incarichi dirigenziali, qual è oggi il tuo rapporto personale con la bicicletta?
“Sono un buon cicloturista a cui piace pedalare col mio passo, ma mi tengo alla larga da qualsiasi forma di agonismo e di competizione. Dopo tanta fatica sui pedali e 13 anni di professionismo, per me la bicicletta oggi è solo un’occasione di svago e relax”.
L’Inbici Training Camp si svolge in Spagna non a caso…
“E lo capisco perché, al di là delle condizioni climatiche ideali, in quel paese esiste una vera cultura bike-friendly. Dalle regole sulle strade al rispetto verso l’utenza debole, pedalare in Spagna offre garanzie di sicurezza che in Italia, purtroppo, non abbiamo più”.
Cosa ci manca?
“Cultura e infrastrutture. Ai miei tempi, a febbraio, si andava in ritiro in Liguria perché lì trovavi le condizioni ideali per allenarti. Il clima è rimasto quello, ciò che non trovi più sono le strade che, ormai, a parte qualche eccezione, sono state progettate, in primis, per auto e camion. Ed è un vero peccato, perché la Spagna con la bicicletta sta costruendo un grande business turistico, mentre l’Italia – che certi format li ha inventati – ha ormai perso di competitività”.
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