Una delle critiche più importanti che sono state mosse alla Ineos-Grenadiers, già quando si chiamava Team Sky, era il modo altamente scientifico di correre, quasi matematico, oserei dire. Non c’era spazio per l’improvvisazione, tutto era calcolato con precisione. La squadra aveva sempre gli uomini perfetti per controllare ogni frazione di una grande corsa a tappe, sian in pianura che in salita, e pochi sono riusciti a batterle i britannici al Tour de France, corsa che il team ha letteralmente monopolizzato nell’albo d’oro, fatta eccezione del 2020 e del 2014, anno di Vincenzo Nibali.
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Uno spiraglio di corsa “non convenzionale” si era vista solo al Giro d’Italia 2018, quando l’allora Sky ha vinto con un’azione straordinaria di Chris Froome sul Colle delle Finestre. Insomma, è vero che la squadra aveva studiato quell’attacco solitario in ogni minimo dettaglio, ma è anche vero che è stata una vittoria “non convenzionale” per i britannici, che per una volta non hanno fatto catenaccio tenendo la corsa cucita dal primo all’ultimo chilometro.
Al Giro d’Italia 2020, inoltre, la Ineos-Grenadiers sembrava quasi spacciata. Dopo l’addio di Geraint Thomas era difficile immaginare un successo in classifica generale. C’è da dire che i due grandi trascinatori del team sono stati Filippo Ganna e Rohan Dennis, il primo per le quattro vittorie di tappa, il secondo per il grandissimo lavoro svolto sulle montagne. Non me ne vogliano gli altri, ma loro sono il “motore” del successo di Tao Geoghegan Hart.
Fanno piacere anche le parole di Dave Brailsford, quando ha spiegato che la squadra ha capito che sarebbe servito un cambio di passo. E il tutto è arrivato dopo la seconda vittoria di Filippo Ganna al Giro. Squadra fortissima, luci spente, meno calcoli e più voglia di lottare. Questo è stato il successo di una squadra che non ci ha annoiati per niente, e che ci ha fatto vivere un bellissimo finale di Giro. Chapeau a tutti.