La tredicesima tappa del Giro d’Italia 2023 ha scaturito ed è destinata a scaturire ancora polemiche. La decisione dell’organizzazione è stata quella di accorciare sensibilmente il percorso, eliminando la salita del Gran San Bernardo e partire direttamente dalla Svizzera per affrontare i GPM della Croix de Coeur e di Crans Montana.
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I corridori sono stati sommersi di “buu” e di fischi lungo tutto il trasferimento in pullman dall’originaria partenza di Borgofranco d’Ivrea fino a Le Chable. Una vera e propria mancanza di rispetto nei confronti di coloro si sono presi un giorno di ferie da lavoro per salutare il passaggio del Giro d’Italia, per i bambini che hanno saltato scuola o per gli anziani che hanno fatto sacrifici per essere presenti.
Ha ragione Gianni Moscon quando dice “non ce l’ha ordinato il dottore di fare i ciclisti”. Infatti negli anni si sta sempre di più perdendo l’eroicità nel ciclismo e alla prima difficoltà ci si arrende, allontanando così gli spettatori che si avvicinano al ciclismo proprio per il fascino e la tradizione di questo meraviglioso sport.
Purtroppo non è la prima volta che negli ultimi anni ci ritroviamo a commentare situazioni del genere: nel 2021 la tappa di Cortina rimase orfana di Fedaia e Pordoi, nel 2020 la tappa con arrivo ad Asti fu ridotta di 100 chilometri per la protesta dei corridori. Ci vorrebbe meno egoismo e più sensibilità nei confronti degli appassionati.
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