Il Giro d’Italia U23 ha confermato, in maniera impietosa, il gap fra italiani e resto del mondo. Mancano i talenti azzurri? No, il problema è il “sistema”…
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Credo che il recente Giro D’Italia Under23 imponga più di una riflessione.
Certamente è un appuntamento di cui il movimento giovanile aveva necessità, fortissimamente voluto dal commissario tecnico Davide Cassani ed organizzata in maniera impeccabile da Marco Selleri con l’aiuto, va detto, di un team straordinario.
Cassani si è impegnato moltissimo a tutti livelli perché il progetto diventasse realtà. Dalla ricerca degli sponsor alla scelta dei percorsi, Davide si è mosso con grande professionalità e passione. Va sottolineato quanto sta facendo per i giovani e l’intero movimento. Anche per le discipline meno note, ma nel ciclismo moderno indispensabili, come crono, cross, MTB e pista. Mi piacerebbe che gli sportivi se ne ricordassero soprattutto il giorno del mondiale su strada dove, purtroppo, se non hai un Bettini, fai quello che puoi… Mentre lavorare per anni partendo dalle fondamenta dà poca visibilità, ma nel medio termine porta risultati, quelli che contano.
Il responso della strada ci obbliga invece a tutta un’altra serie di considerazioni.
Il vincitore, che compirà vent’anni a luglio, gareggia stabilmente con i professionisti. Come lui, quasi tutti gli otto stranieri presenti nella top ten. Quindi due soli azzurri tra primi 10 nella classifica generale ed una sola vittoria nelle otto tappe disponibili. Lo strapotere degli stranieri è parso netto, a tratti schiacciante.
Anche se non disponiamo al momento di talenti come Aru o Moscon, non possiamo dire che i buoni corridori ci manchino. Credo piuttosto che sia un problema di “sistema”.
All’estero già da tempo i giovani affrontano l’attività in modo completamente differente dalla nostra. Gareggiando nelle Continental possono misurarsi con i professionisti, fare esperienza in gare importanti e, dividendo la stagione in periodi, hanno anche la possibilità di “allenarsi”. Sì, proprio allenarsi.
Da tempo i nostri dilettanti gareggiano troppo e non hanno modo di prepararsi per migliorare le loro (eventuali) lacune tecniche. A lungo andare questo provoca uno scadimento delle loro prestazioni personali e, mediamente, di tutto il movimento.
È ora di passare alle Continental, come in tutto il resto del mondo? Questo non lo so, ma una cosa è certa: sarebbe importante che le nostre società ed i nostri tecnici allargassero le vedute adeguandosi a tutto ciò che sta avvenendo in Europa e non solo.
Qualcuno ha già intrapreso la strada giusta, spero lo facciano in tanti altri.
A cura di Gian Luca Giardini – Copyright © INBICI MAGAZINE
Chi è Gian luca Giardini
Giornalista esperto di ciclismo, Conduttore televisivo del programma “Inbici passione sui pedali” visibile su SanMarino RTV – Voce e opinionista di Bike Channel
nella foto Jasper Philipsen vincitore del Giro D’Italia Under 23 Enel 2017
foto Bettiniphoto