Tappe corte, nervose, impegnative e capaci di far esplodere il gruppo e dare spettacolo. Il Tour of the Alps è diventato questo. Un Giro a tappe che ha ambizioni di entrare nel calendario world tour e lo meriterebbe a pieno titolo.
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Organizzazione impeccabile, tracciati coreografici, salite impegnative ma non esagerate e che permettono alla corsa a tappe di dare fuoco alle polveri. Tra vigneti e meleti in piena esplosione floreale la gara che precede di un paio di settimane il Giro d’Italia trova la collocazione perfetta per chi ha ambizioni rosa o azzurre (ex verdi) di vestire le maglie più prestigiose, classifica generale e maglia degli scalatori.
C’è pianura, perché la valle dell’Adige lo permette, c’è montagna perché il Trentino e l’Alto Adige sono due province esclusivamente montare, ci sono i laghi. E soprattutto c’è lo spettacolo silenzioso tra valli e strade che rispettano la corsa e i corridori. E c’è il transito transnazionale. Perché il ciclismo parte dal Trentino e dall’Alto Adige e si trasferisce in Austria, sancendo una sorta di pax e di patto di non belligeranza. Perché tra Austria e Italia non scorre buon sangue sulla via del Brennero per la questione “tir”, ma quando si parla di bicicletta, il disco verde c’è sempre. E ormai in Europa il linguaggio della bicicletta è una sorta di “esperanto”, di lingua comune, di “koinè dialectos” che parla sempre più di mobilità sostenibile, ciclabili, piste ciclabili.
Ovviamente i corridori ne sono il testimone migliore. Il ciclismo ha bisogno di professionalità e con la riforma del calendario world tour prevista per il 2026 davvero il Tour of the Alps potrebbe assurgere a gara di categoria superiore. Ovviamente non è semplice entrare nel gotta del ciclismo mondiale, ci sono degli step da superare ma uno alla volta la corsa targata “Evangelista family” li sta affrontando e superando. Ci vuole professionalità nel ciclismo adesso, ci vuole la cura di tutti i dettagli per non lasciare nulla al caso, presentarsi ai team senza sbavature.
Il ciclismo deve crescere e il corridore nel contorno della gara deve essere anche il biglietto da visita di un territorio attrattivo per il turismo. “Certo che ci piacerebbe, dobbiamo solo capire come si evolverà la situazione da parte dell’Uci, ovvero, che come vuole impostare questa riforma.
Noi siamo pronti come dicevo anche nei minimi dettagli – spiega Maurizio Evangelista giornalista tra i più quotati nel ciclismo che da anni ha saltato la barricata e veste i panni di organizzatore -. Parliamo ad esempio di sicurezza: analizzate la nostra guida tecnica. Il tracciato di gara è segnato palmo a palmo con tanto di foto e QR Code dei punti chiamiamoli “critici”. Il nostro staff tecnico fa un lavoro puntuale e preciso e conosce alla perfezione ogni tappa, con salite, discese e tratti di pianura. E’ vero anche che ai corridori hanno messo sotto il lato B delle vere e proprie bombe, bici altamente tecnologiche che bisogna saper guidare alla perfezione viste le velocità che si raggiungono. Quindi anche i corridori devono arrivare alle gare preparati e con conoscenza dei tracciati di gara. Io ribalterei la situazione: quante corse che stanno nel gotha del ciclismo potrebbero essere retrocesse? Come si possono gestire le eventuali sovrapposizioni?. Attendiamo la fatidica data del 2026 e vedremo come l’Uci si porrà sulla questione. Ribadisco, noi siamo pronti” conclude Maurizio Evangelista.
a cura di Tina Ruggeri – Copyright© InBici Magazine ©Riproduzione Riservata