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IN ESCLUSIVA – MAGRINI: “VI RACCONTO UN ANNO COI FIOCCHI”

IN ESCLUSIVA – MAGRINI: “VI RACCONTO UN ANNO COI FIOCCHI”


Consegnamo agli archivi un 2020 ricco di spunti, storie e tanti talenti che si sono messi in mostra prenotando uno spazio – più o meno importante, si vedrà – nel futuro del ciclismo. Ne abbiamo parlato con una figura storica di questo sport che conosce in maniera profonda il mondo del pedale.

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Prima da corridore, poi in ammiraglia e da qualche anno ai microfoni per Eurosport, Riccardo Magrini è sempre un personaggio da copertina. Con lui facciamo una camminata tra i ricordi di una vita, spigolando tra sport, filosofia e narrazione.

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Riccardo, che stagione ciclistica è stata quella appena conclusa?

“E’ stata una bella stagione tutto sommato. Con tutto il pandemonio del Covid essere riusciti a santificare tutti gli impegni più importanti del calendario è stato un grande risultato. Complimenti al ciclismo e ai suoi organizzatori che hanno fatto un eccellente lavoro. Questo sport ha dimostrato di avere una bella struttura. Ci sono stati pochi casi di positività a parte Yates al Giro, vuol dire che le ‘bolle’, al di là di qualche polemica, hanno funzionato. Direi, al netto del contesto, una stagione con i fiocchi. Chi l’avrebbe detto…”.

Tour de France 2020 – 107th Edition – 21th Tadej Pogacar (SLO – UAE – Team Emirates) – photo BettiniPhoto©2020

Pogacar al Tour e Geoghegan Hart al Giro sono state vittorie importanti di atleti giovani. Ma, si sa, vincere è facile… ripetersi è difficile: quante possibilità hanno questi giovani talenti di centrare il bis?

“Per quanto riguarda Pogacar credo che sia logico indicarlo tra i favoriti anche per la prossima Grand Boucle visto che parliamo di un atleta che sta facendo cose belle da un paio di stagioni. Andare a rivincere il Tour sarà difficile, però lo vedo sicuramente tra i protagonisti. Roglic è un talento ormai consacrato, uno dei pochi nell’ultimo periodo, insieme a Nibali, in grado di vincere sia le grandi corse a tappe che le grandi Classiche. Non dimentichiamoci, ad esempio, quello che ha fatto alla Liegi. Chi ha vinto nel 2020 credo possa riconfermarsi tranquillamente. Per le corse di un giorno Van Aert e Van Der Poel sono sempre lì. Bisogna vedere se Bernal ha risolto i suoi problemi, così come Evenepoel che deve riprendersi dopo quella brutta caduta ma è giovane e ha tempo per recuperare. L’unico dubbio è su Geoghegan Hart, perché è un corridore un po’ particolare, molto eclettico e, si sa, quando sono ‘artisti’ è difficile trovare la continuità. Sugli italiani bisogna vedere Ciccone, Nibali è una sicurezza anche se ha una certa età. I nomi per seguire il ciclismo ci sono, mancano un po’ gli italiani, ma potremo goderci Ganna: uno che vince quattro tappe al Giro d’Italia è sicuramente un corridore da seguire”.

Giro d’Italia 2020 – 103th Edition – Tao Geoghegan Hart (GBR – Team Ineos) – photo Dario Belingheri/BettiniPhoto©2020

Nibali ha già annunciato che dovrebbe correre Giro, Tour ed Olimpiade: cosa ne pensi della scelta dello Squalo?

“Se davvero vuole fare l’Olimpiade occorrerà che vada in Giappone un po’ prima. Per i Giochi ci sono delle norme da seguire. Il Tour potrà anche correrlo, ma poi dovrà per forza fermarsi. Se è vero che bisognerà andare a Tokio due settimane prima dovrà fare delle valutazioni…”.

Fabio Aru ha deciso di fare un passo indietro per potersi rilanciare…

“Aru mi sembra abbia imboccato la strada dell’umiltà e questo è importante perché, sotto questo aspetto, negli ultimi tempi, era un po’ mancato. Io sono dell’idea che aveva fatto vedere cosa egregie e dunque lui era – e resta ancora – un bel cavallo da corsa. Ha fatto questa scelta e spero sia giusta oltre che ponderata bene. Ha trovato una squadra che può dargli quel calore che gli è un po’ mancato. Chissà se tornando indietro nel tempo non ritrovi quelle buone sensazioni…”.

Hai visto il ciclismo a 360 gradi: prima da corridore, poi in ammiraglia e ora da commentatore. Secondo te come si gestisce una stagione dopo un’annata di corse compresse in così poco tempo?

“L’ultima stagione, in effetti, ha riavvolto un po’ il nastro della storia riportandoci al ciclismo di qualche decennio fa con il vantaggio, però, per nulla trascurabile, di avere a disposizione nuove metodologie di allenamento. Credo che poi tutto sommato non sia male. I corridori prima erano abituati ad avere già un sacco di chilometri nelle gambe. Adesso almeno fino a febbraio non si correrà. Quando correvo io la prima corsa in Italia era il Laiguelia, come quest’anno. Oggi i primi di febbraio c’è la Valenciana. I corridori avranno un po’ di tempo in più durante l’inverno per allenarsi e non la vedo una cosa negativa perché, negli ultimi anni, hanno avuto davvero poco tempo per riposarsi. Mi sembra una cosa buona, anche se forzata visti i tempi che stiamo vivendo”.

Giro d’Italia 2020 – 103th Edition – Filippo Ganna (ITA – Ineos Grenadiers) – photo Luca Bettini/BettiniPhoto©2020

Si è parlato di Ganna in chiave Giro e Tour. Credi però che il corridore italiano, oltre che in pista, possa essere protagonista anche in una grande classica come un Fiandre, una Liegi o una Roubaix?

“In pista senz’altro visto che ha tra i suoi obiettivi il quartetto olimpico. I ragazzi, e lui per primo, vorranno fare bene per togliersi la soddisfazione della medaglia olimpica. Per quanto riguarda i grandi giri non credo, almeno per il momento, che si possa pensare ad una vittoria di Filippo al Giro o al Tour. Penso più realisticamente che possa dire la sua nelle corse a tappe brevi come può essere la Tirreno – Adriatico che ha anche una cronometro nel mezzo. Per le classiche, penso che una gara in cui Filippo possa dire la sua sia il Fiandre  e anche la Roubaix. Ha dimostrato al Giro di poter dire la sua anche in salita e lo vedo adatto per le corse di un giorno. Mi aspetto molto anche da Moscon che non si è visto l’anno scorso, ma da cui tutti attendiamo il riscatto”.

Giro d’Italia 2020 – 103th Edition – Vincenzo Nibali (ITA – Trek – Segafredo) – Domenico Pozzovivo (ITA – NTT Pro Cycling) – photo Luca Bettini/BettiniPhoto©2020

Nibali è ormai considerato uno della “vecchia guardia”: cosa ne pensi della stagione dello Squalo?

“Vincenzo ha grande volontà e, a dispetto del tempo che passa, può dire ancora la sua. Basti pensare a cosa ha fatto Valverde che ha vinto un Mondiale dopo tantissimi tentativi. Pensare a Vincenzo per il Mondiale mi pare logico, del resto poteva vincere un’Olimpiade a Rio se non fosse stato per quella maledetta caduta. Nibali ha grande carattere e motivazione e questo, nello sport, fa sempre la differenza. Ma l’età pesa, soprattutto nelle grandi corse a tappe. Quando passi una certa età hai bisogno di mettere chilometri nelle gambe, per trovare la condizione. Per avere i grandi risultati deve correre tanto. Lui può farcela, perché le potenzialità ce le ha, ma non sarà facile”.

Ti aspetti un colpo di coda da corridori come Froome e Sagan?

“Sagan ha deluso perché non ha vinto ma, mettendo insieme tutte le corse che ha perso per un centimetro, forse ci si rende conto che Sagan non è stato tanto meno brillante rispetto agli anni precedenti. Insomma, Sagan secondo me non è finito per niente, anzi. Su Froome invece ho dei dubbi, ma non sulla qualità dell’uomo o dell’atleta. Semplicemente, con l’incidente che ha avuto, con le lesioni conseguenti, a quell’età, vedo complicato un suo pieno recupero. Poi, per carità, posso sbagliarmi e sarò felicissimo se riuscisse a vincere il suo quinto Tour, che è un suo obiettivo. Ma gli anni passano anche per lui e in più lui si porta dietro gli acciacchi dell’incidente avuto al Delfinato…”.

Si va dunque verso un ricambio generazionale che ricorda leve che hanno cambiato la storia del ciclismo: voltandoti un po’ indietro che ricordi hai?

“L’annata più bella, quella che ha segnato davvero la storia di questo sport, è la nidiata di campioni che uscì dalla leva del ’70. Ci furono tantissimi ciclisti nati in quegli anni. Pantani, Bartoli, lo stesso Belli che se la giocava in salita con Pantani da Dilettante. C’erano tantissimi campioni che hanno vinto moltissimo. L’Italia nelle corse in linea o in quelle di un giorno, dominava in lungo e in largo. Fu una bella dinastia… peccato che tutto scorre e nulla è eterno”.

Perchè oggi manca un corridore alla Pantani in grado di incendiare le corse?

“Perché uno come Marco nasce uno ogni cinquanta anni. Era un corridore che andava talmente forte che la gente restava incollata alla televisione solo per aspettare il suo scatto. Per rivedere in bici uno come lui occorrerà del tempo. Un corridore come Evenepoel è uno che attacca da lontano, che non ha paura a far lavorare la squadra. Roglic è un difensivista, un corridore vincente ma che non piace molto perché s’impone in volata e sta a ruota. Ai miei tempi ad esempio, Moser entusiasmava perché attaccava, mentre Saronni stava a ruota e poi vinceva in volata. La gente si entusiasma quando si fanno delle azioni, oggi vanno talmente forte che non puoi fare molto. Qualcuno ha fatto qualcosa di bello, ma bisogna tornare a Froome sul Colle delle Finestre, lui lì ha fatto l’attacco da lontano o Contandor quando ha ribaltato la Vuelta con Purito Rodriguez e ha vinto la corsa”.

Tour de France 2020 – 107th Edition – photo Luca Bettini/BettiniPhoto©2020

Mi racconti un ricordo particolare che hai di Marco giù dalla bici?

“Marco è stato quello che mi ha riportato sull’ammiraglia nel 2001, sono stato fortunato perché avevo un rapporto speciale con lui. Avevamo entrambi la passione del canto e mi ricordo le serate in cui cantavamo non appena si trovava un pianista consenziente o magari in ammiraglia quando eravamo da soli. Era una persona speciale. Io l’ho conosciuto fuori dalle corse, era un generoso, molto intelligente con cui era piacevole stare assieme”.

Tornando all’attualità: a chi daresti l’Oscar della stagione?

“Il corridore che, più di tutti, mi ha stupito è stato Pogacar, perché ha fatto una cosa incredibile. Raramente capita di emozionarsi così, io avevo il groppo in gola quando io e Luca Gregorio abbiamo commentato quella tappa a cronometro. Perché è andato contro tutti i pronostici, in quanto Roglic le crono le vince, ha saputo sovvertire ogni previsione alla Planches des Belle Filles, in quanto ci ha riportato alla mente anche bei ricordi per noi italiani, visto che lì abbiamo vinto con Aru e Nibali. E’ un corridore che non ti aspettavi potesse fare qualcosa del genere, ma al primo rilevamento cronometrico abbiamo visto che poteva fare qualcosa di incredibile. Un gradino dietro il Campionato del Mondo di Alaphilippe. E’ stata una stagione con i fiocchi che ha entusiasmato tutti gli appassionati. Le ciliegine? La Sanremo di Van Aert e le Strade Bianche vinte sempre da quest’ultimo”.

Milano Sanremo 2020 – Julian Alaphilippe (FRA – Deceuninck – Quick Step) – Wout van Aert (BEL – Team Jumbo – Visma) – photo Luca Bettini/BettiniPhoto©2020

Hai vinto una tappa al Tour: cosa ha significato per te?

“In squadra avevo Van Impe, ero un gregario e dovevo aiutarlo. Era il 1983 e fu speciale perché in quel momento sei al centro del mondo. Sono stato negli Stati Uniti e quando dicevo che avevo vinto una tappa al Tour s’inchinavano. Emotivamente vincere una tappa al Giro vale molto, a livello mediatico però vincere una tappa alla Grand Boucle è diverso. Cambia anche il modo di correre, è più duro, c’è molto caldo e senti ancora di più la fatica fatta in salita. Erano sei anni che un italiano non vinceva una corsa in Francia, nell’83 c’erano sei italiani in corsa, vincere non fu facile. C’è una risonanza diversa, in Francia a livello televisivo la prima notizia è per il Tour. Quando mi sono ritirato dalla corsa, ero all’aeroporto, venne un signore e mi chiese l’autografo, questo per far capire la cassa di risonanza che ha il Tour”.

Come è nata questa voglia di scrivere un libro?

“E’ un libro scritto a due mani, lo scribano è Luca Gregorio, mentre di me c’è tutto: le battute, la goliardia, tutti i soprannomi, tutto quello che ho maturato in questi cinquant’anni di ciclismo, in particolar modo durante le telecronache. L’idea poi è nata da Raffaella Ricci, che fa parte della comunicazione di Rizzoli, che ci ha dato l’input per far nascere il libro. A rileggerlo mancano tante pagine, ci sarebbe stato da raccontare ancora molto. Siamo contenti che abbia avuto successo, c’è stata anche una ristampa, poi un libro non diventa mai vecchio. L’idea è nata molto semplicemente. Rizzoli ha creduto in questo progetto ed è nato questo libro”.

2020 UEC Road European Championships – Men Elite Road Race – Plouay – Plouay 177.45 km – 26/08/2020 – Giacomo Nizzolo (Italy) – Arnaud Demare (France) – Pascal Ackermann (Germany) – photo Dario Belingheri/BettiniPhoto©2020

In conclusione ti chiedo: qual è stata la “fagianata” dell’anno?

“Una vittoria per cui ho esultato molto è stato il campionato Europeo di Nizzolo in Francia, battendo Demare. I nostri hanno fatto vedere qualcosa. Una vittoria figlia del sacrificio di tutta la squadra. Già, è stata proprio una stagione con i fiocchi”.

a cura di M.M. – Copyright© InBici Magazine ©Riproduzione Riservata

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