Fabio Jakobsen è tornato a parlare in una lunga intervista concessa ai media olandesi. Il corridore della Deceuninck-QuickStep sta ancora seguendo il lunghissimo processo di riabilitazione dopo la terribile caduta nella prima tappa del Tour de Pologne, quando è stato chiuso contro le transenne da Dylan Groenewegen.
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“Mi dispiace per me, per lui, per le nostre squadre. Siamo i due migliori velocisti olandesi e tra i migliori al mondo – ha affermato Jakobsen – avevamo iniziato un duello che sarebbe potuto durare a lungo. È difficile per me capire perché l’abbia fatto. Non mi ha visto? Ha corso troppi rischi? Voleva vincere a tutti i costi? Per me, uno sprint non è solo vedere il cartello dei 200 metri e provarci. È più che spingere i pedali come un pazzo. Dylan Avrebbe dovuto considerare le conseguenze. Siamo esseri umani, non animali. Questo è uno sport, non una guerra senza esclusione di colpi“.
Il corridore della Jumbo-Visma ha chiesto a Jakobsen un incontro, ma quest’ultimo lo ha rifiutato, almeno per il momento: “Mi ha mandato un messaggio chiedendomi come stavo. Gli ho risposto. Di recente ha chiesto se potevamo incontrarci. Posso capire che questa faccenda stia pesando molto su di lui, ma non sono pronto, anche se so che non voleva questo. E sta prendendo un sacco di insulti da persone anonime dietro le tastiere, il che è ridicolo”.
Jakobsen ha anche parlato di un possibile ritorno alle corse: “mi piacerebbe farmi trovare pronto per marzo, ma è impossibile. Più realisticamente potrei essere pronto per agosto. Ho capito al terzo giorno di terapia intensiva che avrei potuto farcela: pochi prima era suonato un allarme, e hanno portato via un paziente che aveva perso la vita. Non ricordo il momento dell’incidente, ma non so dire se ho paura di affrontare uno sprint: per adesso pedalo a giorni alterni, massimo a 30 km/h. E questo mi basta per farmi capire quanto amo il mio lavoro“.