La fucilata di Goodwood nacque su una bici speciale, una combinazione perfetta tra alta artigianalità italiana e una formidabile potenza atletica.
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Forse i più giovani non se lo ricordano ma nel biennio 1982-83 un grande campione ha illuminato i sogni e le speranze di tanti ragazzi che in quegli anni correvano in bicicletta.
Il suo nome è Giuseppe Saronni, l’atleta che – in appena dieci mesi – è riuscito a centrare vittorie incredibili, come il campionato del mondo, il giro di Lombardia, la Milano-Sanremo ed il Giro d’Italia.
Fu scoperto tra i dilettanti da Carlo Chiappano ed Ernesto Colnago che subito intuirono le formidabili potenzialità di quel velocista di razza che passò professionista nel 1977, ottenendo la sua prima vittoria al trofeo Pantalica.
Nel 1978, alla seconda stagione da professionista, Saronni inanellò ben 26 vittorie e riuscì agli inizi degli anni ottanta ad accendere l’entusiasmo di tanti tifosi. In quegli anni si ripropose in Italia un antico duello simile a quello tra Coppi e Bartali degli anni 40-50, cioè l’Italia era divisa tra tifosi di Saronni e tifosi di Moser (che aveva fatto suo il mondiale del 1977 e aveva entusiasmato per potenza, carisma e vittorie).
I due campioni diedero vita a duelli accesi sia su strada che sui giornali sportivi (a colpi di parole) sebbene corsero anche assieme in un vittorioso trofeo Baracchi a cronometro nel 1979 (in quell’anno le vittorie salirono a 29).
Saronni con muscoli quadricipiti ipertrofici e potentissimi – da ex pistard di razza – riuscì ad imporsi con accelerazioni e volate folgoranti, battendo – e a volte ridicolizzando – avversari di primissimo livello internazionale. Nell’anno di grazia 1982 tutti ricordano quella che è passata agli annali come la “fucilata” di Goodwood (Inghilterra), dove Saronni riuscì non solo a battere in volata i suoi avversari dopo 250 km del campionato del mondo, ma riuscì, con uno scatto fulminante, negli ultimi 500 metri a staccare nettamente il secondo classificato, dando l’impressione – lui sprinter puro – di un memorabile arrivo in solitaria.
Anche il Giro di Lombardia fu vinto allo sprint su un gruppetto selezionato correndo in prima fila (da ricordare e rimarcare che quel difficile giro fu corso alla media di 40,754 km/h sulla distanza di 248 chilometri), mentre la Milano Sanremo fu vinta per distacco (vedi foto) con uno scatto imperiale in cima al Poggio regalando a Saronni la 154esima vittoria da professionista. Da ricordare anche ben tre secondi posti nella classica di primavera.
Il Giro d’Italia era già stato vinto a soli 21 anni nel 1979, ma nel 1983 Saronni riuscì a bissare il successo restando in maglia rosa dalla prima all’ultima tappa a cronometro.
Gli anni successivi non confermarono i trionfi del ’82 e ’83 e, solo nell’86, Saronni diede nuovamente un saggio della sua classe. Sebbene dovette cedere la maglia rosa a Roberto Visentini, dopo averla indossata per gran parte del Giro, il 1986 rinfrescò a critici e tifosi il talento cristallino di un ciclista comunque straordinario.
Il guizzo vincente e lo spunto esplosivo non erano più quelli degli anni precedenti, ma a Colorado Spring – nel mondiale di Moreno Argentin – si rivide la volata del campione e quel terzo posto iridato regalò il sorriso al campione di Parabiago e ai suoi tifosi. Pochi metri ancora e si sarebbe assistito forse ad un mondiale simile a quello in cui Marino Basso beffò Bitossi a pochi metri dalla linea d’arrivo nel mondiale di Gap del 1972.
Deluso da un ambiente ciclistico che pretendeva la sola vittoria, Saronni concluderà anzitempo la sua carriera restando comunque nel mondo del ciclismo quale General Manager di importanti team e campioni.
Per un velocista dal talento cristallino come Giuseppe Saronni non poteva che esserci la bici più performante di quegli anni: una purosangue quale la Colnago Super che presentiamo.
Il nome di Saronni è unito indissolubilmente a quello di Ernesto COLNAGO che riusci ad offrire al suo campione un telaio all’altezza dei suoi sprint, capace di trasferire tutta la sua potenza a terra.
Il Colnago Super color rosso bordeaux (con scritte nere su fondo bianco) è la bici con la quale Saronni vinse tante corse e, per questo, la bici di tanti ciclisti che in quegli anni scelsero la mano del telaista di Cambiago per emulare il loro campione.
Dal libro “quando la bici è arte” di Rino Negri riportiamo le geometrie della bici di Saronni del Mondiale1982 (una 54x 54 quadra) dove si notano particolarità curiose come la descrizione del modello, denominato “Nervoso”, e i foderi bassi del telaio rinforzati per aiutare il forte campione a trasferire tutta la sua potenza.
Visto il risultato, Colnago centrò di nuovo l’obiettivo ottenuto negli anni passati con altri grandi campioni, uno su tutti Eddy Merckx. Il telaio costruito per Saronni lo ha sicuramente agevolato sia in salita che in volata, sebbene il perfetto gioco di caviglia permetteva ad un Saronni pistard di avere una pedalata altamente efficiente rispetto ad altri e di sprigionare, con le sue possenti gambe, accelerazioni brucianti.
La bici Colnago presentata è montata con un gruppo Campagnolo Super Record (nato nel 1979) e caratterizzato dal cambio posteriore con blocchetti neri e dalla belletta liscia con la scritta Campagnolo con sfondo nero. Anche il deragliatore anteriore presenta le bellette anodizzate in nero e il corpo caratterizzato da tre fori ovali per alleggerire il deragliatore stesso.
Avere in garage (ma sarebbe meglio tenerla in salotto!) una fuoriserie come questa bici è sicuramente un motivo di orgoglio per chiunque. Sotto un po’ di polvere ritroverete cromature brillanti e una Colnago simile merita tutte le attenzioni, cure e rispetto di un pezzo di vera gioielleria artigiana italiana. Guidarla se possibile vi regalerà emozioni uniche e ognuno si potrà sentire un po’ Saronni e re di Goodwood.
A cura di Adriano Vispi e del Dottor Dario Corsi Copyright© InBici Magazine ©Riproduzione Riservata