A corse terminate ne abbiamo approfittato per fare due chiacchiere con Riccardo Magrini sulla stagione appena conclusa e quella che verrà. Magrini – per tutti il “Magro” – montecatinese doc , classe 1954 e conosciutissima voce di Eurosport, è una figura che conosce il ciclismo a 360°. Negli anni è stato corridore professionista (dal 1977 al 1986), direttore sportivo, dirigente, poi passato alle telecronache per Eurosport nel 2005 al fianco prima di Andrea Berton, Salvo Aiello poi e dal 2018 insieme a Luca Gregorio. Oggi Magrini è un punto di riferimento, figura aggregante, dirompente e competente del mondo delle due ruote.
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L’Italia è una potenza su pista, ma su strada vive un momento un po’ più difficile: chi sono secondo te i più giovani promettenti?
“Di giovani promettenti ce ne sono, ma bisogna avere pazienza. Non possiamo pretendere di avere un Evenepoel o Pogacar. Ci sono dei corridori, che non sono giovanissimi ma giovani, come Bagioli, Tiberi, Conci, Covi, Fortunato e Piccolo che possono maturare ancora. Poi ci sono i giovanissimi come Piganzoli che ha dimostrato di andar forte ed è un corridore che può fare bene nelle corse a tappe”.
E Andrea Piccolo può essere un uomo da Grande Giro?
“Bisogna aspettare per dare una valutazione precisa. Di sicuro Piccolo è un corridore di grande talento e l’ha dimostrato nel finale di stagione”.
Antonio Tiberi invece sin qui ha fatto vedere pochi sprazzi: giusto dargli ancora tempo e fiducia?
“È giusto dargli ancora tempo e fiducia. Mi aspettavo qualcosa in più soprattutto nelle prove contro il tempo essendo lui campione del mondo juniores, però ha fatto un salto di qualità nelle prove in linea. Tiberi è un altro corridore che crescerà sicuramente”.
Ti saresti aspettato di più da Andrea Bagioli nel 2022?
“Sì anche perché era partito molto bene. Il prossimo anno mi aspetto di vederlo lottare con i big, è un corridore completo ed il prossimo per lui può essere un anno importante”.
Moscon viene da una stagione anonima: che cosa ti aspetti da lui l’anno prossimo?
“La stagione del riscatto”.
Secondo te, in vista di uno scontro diretto, chi è più forte tra Evenepoel, Pogacar e Vingegaard? Dipenderà di volta in volta dal tipo di percorso?
“Vingegaard è il più forte in salita, Evenepoel nelle prove contro il tempo è il migliore ma Pogacar è il più completo perché va forte a cronometro, in salita ed in volata. Quindi fra questi tre in un Grande Giro il mio favorito è lo sloveno”.
Se al Giro 2023 verranno Evenepoel e Roglic, possiamo dire che dopo anni sarebbe al livello del Tour come prestigio?
“Sono due corse diverse. Vincere al Tour è più prestigioso a prescindere da tutto. Mediaticamente la Grande Boucle ha lavorato meglio rispetto alla Corsa Rosa, da sempre il Tour è il Tour. Il Giro d’Italia invece rimane come territorio il più bello da correre e nel 2023 credo che sia anche più bello e duro del Tour de France. Mi auguro che ci possano essere dei corridori in grado in creare agonismo e spettacolo”.
Prima c’era l’Italia con Aru e Nibali, poi la Grand Bretagna di Wiggins e Froome, c’è stato il boom della Colombia, ora della Slovenia. La prossima sarà la Spagna con Ayuso, Carlos Rodriguez e Mas?
“La Spagna non è la prossima che detterà legge ma di sicuro ha gli elementi per poter contrastare le altre nazioni”.
Secondo te Ganna fa bene ad inseguire una Classica, oppure farebbe meglio a concentrarsi su cronometro e pista?
“Ganna fa bene a fare tutto quello che fa. E’ un fenomeno. L’unica cosa che rimprovero a Pippo è quella di essere poco comunicativo. Secondo me dovrebbe essere più aperto nei confronti dei media, anche se mi rendo conto che a parlare per lui sono i risultati“.
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