In seguito alle pubblicazioni dei pareri dei quattro team manager delle formazioni Professional italiane riguardo la Riforma del ciclismo 2020, siamo stati contattati attraverso i nostri canali social network da Antonello Della Corte, uomo di ciclismo con un passato in RCS Sport e come direttore generale dell’Acqua&Sapone-Caffè Mokambo, formazione attiva fino al 2012. L’Acqua&Sapone è tristemente famosa per aver chiuso i battenti alla fine di quell’anno in seguito al mancato invito della squadra al Giro d’Italia.
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Della Corte ci racconta importanti retroscena del passato: “L’Acqua&Sapone è nata quando già si vociferava della nascita di quello che all’epoca era denominato Pro Tour, che poi ha cambiato nome in World Tour. Quando abbiamo creato la squadra ci siamo orientati verso l’ingaggio di corridori che ci garantissero un certo numero di punti UCI, come Bo Hamburger, secondo al mondiale, e tanti altri corridori italiani molto forti all’epoca. A ridosso del Giro d’Italia 2004 siamo stati convocati all’incontro nel quale fu presentato il Pro Tour, e da qui ci sono state offerte una serie di indicazioni che – guarda caso – vengono ancora ribadite nella Riforma 2020. Già all’epoca, ad esempio, bisognava avere una formazione femminile, e noi l’avevamo. Poi però non siamo riusciti ad entrare nel circuito delle 18 squadre”.
Della Corte si professa “d’accordo con le opinioni espresse sul vostro sito da Roberto Reverberi e da Gianni Savio. Le loro perplessità le condividevo già all’epoca. Detta in poche parole, questo messo in piedi dall’UCI è un gioco tra poveri. Anche perché si scopre l’acqua calda quando si dice che il ciclismo non può vivere di sole sponsorizzazioni: le squadre dovrebbero coalizzarsi per cercare di avere un profitto dai diritti televisivi. E’ l’unico modo per non vivere nell’incertezza e per dare al ciclismo un progetto stabile”.
L’avvento del World Tour, secondo Della Corte, “ha permesso solo l’allontanamento dei grandi sponsor dal ciclismo. Sono uscite aziende come Saeco, Barloworld, Acqua&Sapone, e per ultima la Liquigas. Io ricordo ancora la cerimonia di presentazione del Pro Tour, nel 2004: ero insieme al povero Zani, presidente di Liquigas, che era accompagnato da Roberto Amadio. Aveva tanto entusiasmo, ma poi con il passare del tempo nessuno è più rimasto dentro. Il World Tour è stato un sistema che ha permesso all’UCI di fare cassa grazie alle cauzioni che bisogna versare ogni anno per avere la licenza”.
A cura di Carlo Gugliotta per InBici Magazine