Mancano ancora due tappe, ma ormai il destino di questo Tour de France è segnato: Tadej Pogacar metterà in bacheca l’edizione 2024 della Grande Boucle, la terza della sua carriera dopo quelle del 2020 e del 2021. Ma in quest’edizione ha messo sul piatto una netta, autorevole dimostrazione di superiorità rispetto agli altri avversari.
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Anche in questa terza settimana lo sloveno ha mostrato i muscoli in maniera netta, nella prima occasione in cui ha potuto: oggi ad Isola 2000 è scattato ad oltre otto chilometri dal traguardo e non voltandosi più indietro, recuperando oltre due minuti e mezzo a corridori che non sono per niente fermi come Matteo Jorgenson, Simon Yates e Richard Carapaz. Apparsi però come degli under 15 al confronto con un professionista.
Qualcuno potrà anche obiettare sulla valenza di questo Tour. Soprattutto sulle condizioni di Jonas Vingegaard, che a Le Lioran aveva fatto capire che sì, forse poteva impensierirlo e riaccendere la lotta per la maglia gialla, ma perdendo poi progressivamente, prendendo come giustificazione il brutto incidente di aprile che ha coinvolto il danese. Tutto giusto e sacrosanto, senza tener conto che però lo scorso anno la situazione fosse invertita: era Pogacar ad avere meno ritmo per la rottura del polso alla Liegi-Bastogne-Liegi, era lo stesso sloveno ad avere una squadra meno competitiva.
Ma invece, da quelle sconfitte, il capitano della UAE Team Emitates ha imparato, andando a cambiare i suoi metodi di lavoro, la sua dieta, il suo modo di approcciarsi alla disciplina anche dal punto di vista mentale, apparendo meno ‘cavallo pazzo’ e molto più affilato tatticamente. Così da poter firmare l’impresa, quell’accoppiata Giro-Tour che non riusciva dal magico 1998 di Marco Pantani. Una doppietta per nulla facile, negli ultimi anni non riuscita a tanti fenomeni del ciclismo. C’era bisogno di un alieno. C’era bisogno di Tadej Pogacar.
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Arabba: La Perla delle Dolomiti per il CicloturismoA cura della redazione di Inbici News24 e OA Sport
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