Chi ha vissuto a pieno gli anni ’90 ricorderà bene l’esplosione del fenomeno della musica britpop. Una musica che viene in mente nel momento in cui si vede Mathieu van der Poel pedalare tutto solo verso il traguardo di Castelfidardo, nonostante la pioggia e il vento. Forse è anche una suggestione, visto che il suo cognome, van der Poel, sembra essere quasi un’assonanza con quella canzone degli Oasis, Wonderwall.
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Ma poi, quando leggi la traduzione di quella canzone, sembra davvero essere quasi stata scritta per lui. “E tutte le strade che dobbiamo percorrere sono piene di vento”, dice un verso del brano. Mathieu non aveva nulla da perdere, e nel finale ci è andato anche vicino alla sconfitta. Ma lui si è imposto non solo da grande campione, ma anche battendo tutti i canoni del ciclismo contemporaneo.
Già, perché ormai eravamo stanchi di vedere un ciclismo sempre più “scientifico”, con grandi squadre che stanno tutto il tempo a comandare il gruppo scandendo un passo impossibile prima dell’azione del capitano. Van der Poel non ci pensa proprio: lui attacca. Lascia tutti sul posto. E non si prende nemmeno una pausa per mangiare una barretta energetica: la si mette in bocca e si attacca. Ogni secondo di gara può essere decisivo.
Ormai il ciclismo sta decisamente cambiando tendenza. Sembra quasi che si stia tornando all’antico. Anche ieri, Tadej Pogacar ha vinto con un’azione fuori dal comune, lanciandosi a 5 km dal traguardo. Ha attaccato, ha rischiato, come lui stesso ha affermato. Ma ci è riuscito. Guarda caso, sia ieri che oggi due corridori stavano per rinvenire sul battistrada, ma non ci sono riusciti.
E’ questo lo spettacolo che merita la gente del ciclismo: non una scaletta già pronta, ma uno spartito da riempire con le pedalate più belle. Ed è questo il motivo per il quale van der Poel, Pogacar e Van Aert sono così amati dal pubblico: perché non hanno paura di perdere, non hanno paura di cercare lo scontro. Hanno tanto coraggio. E voglia di provarci sempre, fino alla fine.
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