Da 27 anni è la voce ufficiale di “Radio Corsa”, il servizio che al Giro d’Italia garantisce, minuto per minuto, le informazioni live sulla grande kermesse rosa.
Un ruolo tanto prezioso quando delicato che l’imolese Virgilio Rossi, ex ciclista dilettante, interpreta con la massima professionalità e con quel distacco un po’ british “che in ogni caso – precisa – non significa assolutamente mancanza di passione”.
In quasi trent’anni di radiocronache, a dire il vero, gli è capitato raramente di cedere al pathos: nel 1999, a Madonna di Campiglio, la voce gli salì di un’ottava quando Pantani salutò il gruppo firmando la vittoria ma anche la sua condanna (“e dopo il traguardo – ricorda – nell’aria c’era un’atmosfera strana…”); nel 2011 invece la voce gli si incrinò dall’emozione quando dovette raccontare quasi in diretta la tragica morte del belga Wouter Weylandt lungo la discesa del Passo del Bocco: “Di fronte a certe pagine di ciclismo – dice – è quasi impossibile restare emotivamente indifferenti, anche se il mio compito è quello di fornire, in ogni occasione, una cronaca degli eventi il più possibile asettica, precisa e puntuale”.
Un dovere che ha sempre onorato con la massima competenza e affidabilità, anche quando una sua comunicazione radio – ritenuta vagamente “equivoca” – lanciò, nel 2014, un certo Nairo Quintana verso la vittoria del Giro d’Italia: “Dissero che la mia comunicazione sul transito dei ciclisti allo Stelvio aveva generato qualche incomprensione – spiega sette anni dopo – e, per un paio di giornate, io che sono abituato ad interpretare il mio ruolo sempre lontano dai riflettori, mi ritrovai sulla graticola di una spigolosa polemica mediatica. Quel giorno, in effetti, ci fu un’incomprensione nella comunicazione radio che, alla fine, favorì il colombiano, ma diverse squadre, anziché assumersi le colpe per averlo lasciato andare, preferirono puntare il dito contro il sottoscritto. In ogni caso Quintana – ride – non mi hai mai ringraziato”.
Come ha cominciato questo lavoro?
“Spinto in primis dalla passione. Dopo aver corso per dieci anni in bicicletta fino alle categorie dilettanti, a 20 anni sono entrato in Federazione e, anno dopo anno, ho trovato la mia strada”.
In che modo?
“Appesa la bicicletta al chiodo, quasi per caso, ho iniziato a scrivere per Tutto Ciclismo e, nello stesso tempo, sono entrato nel comitato regionale della Federciclismo di Bologna. Dopo due anni sono diventato ufficio stampa del comitato regionale dell’Emilia Romagna e, nel frattempo, ho iniziato una collaborazione anche con Il Resto del Carlino. A quel punto ho rispolverato una mia antica passione infantile, quella per le moto di radio corsa. Mi sono fatto regalare una Moto Guzzi da mio padre e, da lì, ho iniziato a fare il servizio di radio corsa nelle gare regionali”.
Poi l’incontro con le due persone che gli avrebbero cambiato la vita…
“Il primo è Marco Selleri, che già al tempo faceva radio corsa ed aveva appena iniziato a collaborare con la Federazione, l’altro si chiama Mino Farolfi che, in quegli anni, faceva il coordinatore della macchina-regia. Entrambi mi scelsero per dare una mano. Ero, di fatto, il ragazzino di turno che, con tanta volontà e passione, cominciava ad imparare la professione. Nel 2002, dopo 10 Giri d’Italia in moto, Farolfi fu assunto dalla Rai e, a quel punto, toccò a me”.
Al Giro d’Italia lei è, di fatto, un collaboratore della Federciclismo “prestato” alla Rcs…
“Sì, ormai da 30 anni faccio parte del Servizio di Radio Informazione della Federazione Ciclistica Italiana ed, essendo questo un service istituzionale, ogni anno collaboriamo anche con il Giro d’Italia, diventando per quelle tre settimane a tutti gli effetti dei veri e propri ‘dipendenti’ di Rcs. Al termine del Giro, poi, prestiamo la stessa opera per altre manifestazioni, collaborando con quasi tutti gli organizzatori italiani”.
Da dove segue le varie fasi della corsa?
“Da una macchina-regia all’interno della quale è installata una strumentazione radio che serve per coordinare tutto il lavoro che svolgono, sul tracciato, le cosidette ‘moto-info’. Con questa vettura lavoriamo nella pancia del gruppo, di solito precedendo i corridori di circa 200 metri. L’assetto tipo è una moto in testa e una in coda. Ma è uno schema che cambio a seconda dell’evolversi della corsa. L’importante è avere sempre una copertura informativa a 360°”.
La voce televisamente più nota di Radio Corsa è quella del professor Enrico Fagnani…
“Sì lui è il nostro punto di riferimento, la persona a cui comunico direttamente e in tempo reale tutte le informazioni della corsa”.
Qual è stato il momento più difficile della sua carriera?
“Al Giro del 1999 dopo la squalifica di Marco Pantani a Madonna di Campiglio. Quel giorno, lo ricordo bene, ebbi paura. Io ero in moto e, sulla salita del Mortirolo, rischiammo tanto perché i tifosi erano inferociti per la squalifica di Marco e, lungo il tracciato, chiunque facesse parte dell’organizzazione, veniva preso di mira con insulti, sputi e persino spintoni. Mi abbassai la visiera del casco per evitare quel linciaggio, ma alla fine della discesa, prima di arrivare all’Aprica, mi fermai un attimo in una piazzola e mi accorsi che ero in condizioni davvero pietose”.
Il momento più emozionante?
“Ce ne sono stati tanti, ma ricordo con i brividi, in particolare, la tappa dello Zoncolan quando lo risalimmo dal versante di Ovaro. Usciti dall’ultima galleria, prima di immetterci nell’ultimo chilometro, ci si presentò davanti una montagna ricoperta di persone. Una marea umana impressionante, da pelle d’oca. E’ anche per queste cartoline che mi sono innamorato del ciclismo”.
a cura di Mario Pugliese ©Riproduzione Riservata-Copyright© InBici Magazine