Il ciclismo ha il potere di non lasciarti mai. E’ una passione che ti resta dentro anche quando hai appeso la bici al chiodo, pur sapendo che, appesa a quel chiodo ci resterà ben poco. Questa è la storia dell’ex sprinter Yuriy Metlushenko che, nonostante abbia staccato il numero da parecchio tempo, di restare lontano dalla bicicletta non ne vuole sapere.
Yuri, una carriera la tua tra le ruote veloci. Come hai iniziato e quali sono state le vittorie più belle?
“La maggior parte della mia vita l’ho trascorsa sui pedali. Tutto ebbe inizio nel 1986, quando un allenatore iniziò a reclutare i bambini per fare ciclismo alla scuola olimpica dello stato (1989-1995). Tra quei bambini c’ero anch’io e con la squadra nazionale juniores/under/military ho finito di studiare all’Università Nazionale dello sport (Kiev). Nel 2001 arrivai in Italia dove trascorsi un anno con un team del Friuli Venezia Giulia. Si chiamava ‘Record cucina Caneva’ sotto la direzione di Gianni Biz e del diesse Ezio Piccoli. Dopo aver vinto 14 corse passai come neo professionista e, l’anno successivo, vinsi subito al GP Donoratico nel 2002 con la squadra “Colnago – Landbowkrediet” del diesse Olivano Locatelli. Un altro mio ‘record’ fu la vittoria nella corsa a tappe Tour of Taihu Lake nel 2013, dove vinsi cinque tappe su nove, ottenendo anche due secondi posti e due terzi”.
Come vedi la situazione ad oggi dei velocisti?
“Ai tempi ho fatto delle volate con velocisti che hanno scritto la storia del ciclismo mondiale come Mario Cipollini, Alessandro Petacchi, Ivan Quaranta, Erick Zabel e Robie Mcewen. Campioni irripetibili, anche se gli sprinter di razza non mancano neppure adesso. Penso ad Andre Graipel che ancora oggi mi piace, anche se il numero uno resta Peter Sagan che, mi auguro, guarisca in fretta. Poi Elia Viviani, Fernando Gaviria, Pascal Ackerman (fortissimo), Caleb Ewan (impressionante il modo in cui imposta lo sprint) e Arnaud Demare. Poi Sony Colbrelli e Nicola Bonifazio a cui auguro di cuore di vincere al più presto una Sanremo”.
L’attualità ha portato alla ribalta l’ennesima scoperta di Gianni Savio: Andrii Ponomar, talento ucraino di 18 anni. Che cosa ne pensi di questo giovane fenomeno che si affaccia al nostro ciclismo?
“Gianni Savio è uno dei pochi manager che investe seriamente sul futuro del ciclismo internazionale, come dimostra il caso emblematico di Egan Bernal. Personalmente questo Andriy Ponomar mi piace un sacco. E’ un giovane cresciuto in Italia, quindi già con un passo avanti rispetto ai suoi coetanei. Penso che la dimensione della squadra sia quella giusta per farlo crescere senza eccessive pressioni. Sono d’accordo con la filosofia di Gianni Savio, cioè che un talento non deve perdere tempo nelle categorie minori, ma imparare a correre subito con i grandi. Così facendo, in breve tempo, può diventare un campione”
La stagione tra mille difficoltà è iniziata: come vedi questa prima parte di 2021?
“Sicuramente la pandemia ha creato nel ciclismo danni di immagine ed economici. Ma dobbiamo essere ottimisti e ripartire dal finale di stagione 2020: per tutti gli sportivi che seguono ciclismo è stato interessantissimo. Poi ogni corridore ha cercato di dare spettacolo, non solo vincendo, ma anche regalando azioni d’altri tempi. Tantissimi atleti di prima fila hanno dimostrato una forma strepitosa anche già ad inizio 2021. Vedo già tantissime squadre che pedalano nei ritiri per cui sarà una stagione, da subito, molto avvincente”.
La primissima classica sarà la Strade Bianche, seguita poi dalla Milano SanRemo. Chi vedi favorito per queste due corse?
“Sicuramente gli uomini più quotati saranno quelli che provengono dal ciclocross. Dunque, uno come Van Der Poel può subito lasciare il segno. L’auspicio è che al tavolo dei grandi banchetti ancora quel fenomeno di Sagan che, in chiave Sanremo, spero riesca a recuperare dopo il Covid. Se devo aggiungere ancora dei nomi per la ‘classicissima’ vedo sempre favoriti Kviatkowski e Nibali, anche se mi piacerebbe che vincessero ‘ruote veloci’ come Nicola Bonifazio, Sony Colbrelli o Elia Viviani, senza dimenticare il campione del Mondo Alaphilippe”.
Hai messo la tua esperienza al servizio degli appassionati, sei una apprezzata guida nei percorsi di cicloturismo. Come si approccia la gente a questo tipo di vacanza?
“Quando una cosa ti piace cerchi sempre di dare il massimo e nei Training Camp di InBici ho trovato l’ambiente ideale per continuare a condividere la mia passione. Tra l’altro, al di là dell’aspetto sportivo, in questi appuntamenti c’è sempre l’opportunità di scoprire luoghi inediti dell’Italia e di conoscere tantissime persone interessanti. Sono stato ospite ai Training Camp di InBici in Costa Blanca, Rimini e Bormio e qui ho visto un’organizzazione davvero esemplare con strutture bike-friendly ed una serie di servizi molto innovativi per gli amanti delle due ruote”.
Chi è, oggi, Yuri Metlushenko e che idea hai del ciclismo attuale ora che lo segui fuori dal gruppo?
“Yuriy Metlushenko oggi è un ex corridore professionista, che lavora in Italpol (settore sicurezza) all’aeroporto di Bergamo. Ho anche provato a trovare spazio nel ciclismo, ma tutte le offerte che ho ricevuto non sono andate a buon fine. Ancora oggi esco in bici e condivido la mia esperienza allenando a distanza bambini in Ukraina e qui a Bergamo, quando ho del tempo libero, esco in bici con gli amici ciclo amatori. Il sogno? Quello di tornare nel ciclismo che conta, magari facendo il direttore sportivo di qualche formazione”.
a cura di M.M. Copyright © InBici Magazine ©Riproduzione Riservata